Cambiamento climatico, ambiente e salute respiratoria nei bambini

Autore: Luigi Matera
Dipartimento Materno Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

Il cambiamento climatico non è solo una questione di ghiacciai e temperature medie: è un problema di salute, soprattutto per i bambini. Il loro sistema respiratorio è più fragile, respira più in fretta e più vicino al suolo, dove si concentrano inquinanti e allergeni. Negli ultimi anni numerosi studi hanno mostrato come ondate di caldo e di freddo, inquinamento atmosferico, ozono e polveri sottili possano aumentare il rischio di tosse, bronchiti, bronchioliti, riacutizzazioni asmatiche e complicanze nei piccoli pazienti. In questa pagina SIMRI riassume le principali evidenze scientifiche disponibili e offre, da un lato, indicazioni pratiche per i genitori, dall’altro, una sintesi ragionata dei dati per pediatri e pneumologi pediatrici.

Per i genitori: in breve

Il cambiamento climatico e l’inquinamento dell’aria non sono solo un problema “ambientale”: hanno un impatto diretto sulla salute dei polmoni dei bambini. I più piccoli respirano più velocemente, ad un’altezza più vicina al suolo e hanno vie aeree più strette: per questo sono più sensibili a smog, fumo, pollini e temperature estreme (molto caldo o molto freddo). Gli studi mostrano che ondate di caldo e di freddo, insieme a inquinanti come ozono e polveri sottili (PM₂.₅), aumentano il rischio di tosse, bronchiti, bronchioliti, polmoniti e riacutizzazioni di asma dovute all’inquinamento e al clima.

Impatto cambiamento climatico e gravidanza

Anche durante la gravidanza, caldo estremo, inquinamento e forti piogge possono aumentare il rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita. Le famiglie possono agire seguendo i suggerimenti SIMRI:

  • scegliere orari e luoghi più sicuri per giocare all’aperto;
  • aerare bene gli ambienti;
  • limitare l’esposizione allo smog nei giorni peggiori;
  • confrontarsi con il pediatra se il bambino ha asma o altri problemi respiratori.

Per chi desidera approfondire, nelle sezioni seguenti vengono presentate in dettaglio le principali evidenze scientifiche e le implicazioni cliniche.

Perché i bambini sono più vulnerabili al cambiamento climatico

Sono numerose le evidenze scientifiche che dimostrano come i bambini siano più vulnerabili degli adulti rispetto alle conseguenze legate al cambiamento climatico (1). Questa maggiore vulnerabilità è determinata in primo luogo dal fatto che i bambini sono maggiormente esposti all’inquinamento atmosferico perché hanno una frequenza respiratoria più elevata, una più frequente respirazione orale e una maggiore esposizione alle particelle aerodisperse (trascorrono più tempo in attività all’aperto e respirano ad un’altezza inferiore).

Vulnerabilità ai fattori ambientali del sistema respiratorio infantile nei primi anni di vita

Inoltre, il sistema respiratorio nei primi anni di vita è più vulnerabile ai fattori ambientali, a causa del ridotto diametro delle vie aeree con conseguente maggiore rischio di ostruzione e distress respiratorio e, quindi, di danno a lungo termine. Il sistema respiratorio infantile, inoltre, è sensibile alle temperature estreme, infatti l’esposizione ad aria fredda, secca o calda può favorire la broncostruzione. È stato osservato un aumento del rischio relativo di esacerbazioni asmatiche in caso di esposizione a temperature estremamente calde o fredde rispettivamente dell’1.07 e dell’1.20. Infine, i bambini hanno un maggior rischio di malattie infettive e malnutrizione.

Cambiamento climatico come problema di salute pubblica

È importante essere consapevoli che il cambiamento climatico rappresenta una questione di salute. Tra i professionisti della salute è diffusa la percezione che il cambiamento climatico stia danneggiando la salute, ma come esattamente questo influisca su di essa è percepito come poco chiaro (2). Una recente metanalisi ha provato a rispondere a questa domanda (3).

Rapporto tra temperatura, mortalità, asma, infezioni respiratorie e allergeni

Temperature estreme, mortalità e ricoveri per malattie respiratorie

È stato innanzitutto esplorato il rapporto tra temperatura media giornaliera e mortalità. L’esposizione a temperature inferiori al 5° percentile della temperatura media giornaliera ha determinato un incremento di probabilità di mortalità per tutte le patologie, così come un’esposizione a temperature superiori al 95° percentile. Particolare attenzione nei vari studi è stata posta sull’incidenza di asma e malattie respiratorie infettive.

Uno studio di coorte a Fuzhou, in Cina, che ha coinvolto 796.125 partecipanti, ha dimostrato che temperature medie più basse (al di sotto del 25° percentile del consueto) sono associate a un aumento del rischio di ricovero per malattie respiratorie nei bambini (4). Anche in uno studio condotto a Pechino, alle temperature più estreme, è stato registrato un aumento degli accessi al pronto soccorso pediatrico per problemi respiratori, con effetti che duravano più a lungo nei bambini sotto i 15 anni rispetto agli adulti sopra ai 65 anni (5). Allo stesso modo, un altro studio cinese, ha evidenziato che anche l’aumento di 1 °C durante i periodi caldi nelle città cinesi ha avuto un impatto importante nell’aumentare la probabilità di morte per le principali patologie (6), con aumento anche in questi casi di accessi al pronto soccorso pediatrico per asma (7,8).

Cambiamenti climatici, stagionalità virale e infezioni respiratorie pediatriche

Numerosi studi hanno esaminato l’influenza delle variazioni di temperatura sulle infezioni respiratorie. È stato dimostrato che l’esposizione a temperature più basse si associa ad un aumento del rischio di infezioni da virus parainfluenzale, virus respiratorio sinciziale (RSV), virus dell’influenza A, coronavirus (3). Le infezioni respiratorie, com’è noto, rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità in età pediatrica.

Il ruolo a lungo termine del cambiamento climatico sull’incidenza delle infezioni respiratorie batteriche e virali rimane ancora incerto. Nei Paesi temperati, le infezioni virali respiratorie si verificano prevalentemente in autunno e inverno con le temperature più basse, ma sarebbe erroneo pensare che l’aumento delle temperature potrebbe portare a una riduzione di tali infezioni, in quanto molti altri fattori vi contribuiscono. Ad esempio, prima dell’epidemia Sars-Cov-2 e dell’introduzione della profilassi con Nirsevimab, i tassi di ospedalizzazione per Virus Respiratorio Sinciziale erano rimasti stabili, nonostante il riscaldamento globale e l’aumento medio delle temperature.

Cambiamenti climatici, pollini e patologie allergiche

I cambiamenti climatici (9) hanno causato un incremento della prevalenza e severità delle patologie allergiche polline-correlate. L’aumento della temperatura, infatti, ha portato a stagioni polliniche di maggiore durata e più precoci con maggiori concentrazioni di polline. Inoltre, i cambiamenti climatici possono favorire la diffusione e l’adattamento di piante produttrici di pollini in nuove aree geografiche.

Negli ultimi anni sono emersi anche dati che potrebbero evidenziare un effetto sinergico dell’esposizione a pollini e virus respiratori. Alcuni studi (9) hanno evidenziato una correlazione positiva tra tasso di infezioni virali e concentrazioni polliniche. Ad esempio, uno studio del 2022 (10) ha riportato un’associazione tra le stagioni polliniche autunnali e primaverili e le comuni infezioni virali in età pediatrica.

Impatto delle temperature estreme in gravidanza e alla nascita

L’outcome principale valutato è stato il parto pretermine, seguito da basso peso alla nascita e probabilità di aborto. È emerso che il fattore più frequentemente correlato alla variazione di temperatura ambientale è la nascita prima della 37ª settimana di gestazione, seguita dal basso peso alla nascita. Tale riscontro si evidenzia sia quando le temperature esterne sono superiori al 97° percentile della temperatura massima giornaliera per due giorni consecutivi, sia quando viene registrata una grande piovosità durante il terzo trimestre di gravidanza (11).

Un altro punto preso in analisi è stata la correlazione tra inquinanti atmosferici e basso peso alla nascita. Questo aspetto è stato analizzato sia in uno studio trasversale in Africa (12), sia in uno cinese (13). Dalle conclusioni di questi studi, sembrerebbe esserci anche una stretta correlazione tra rischio di morte intrauterina per ogni aumento di 1 μm/m³ di PM2,5, a seconda del tipo di inquinante.

Inquinanti atmosferici, infezioni respiratorie e asma nei bambini

I cambiamenti climatici influenzano anche l’esposizione ad inquinanti ambientali come ozono e PM 2.5. Il riscaldamento globale determina un incremento della produzione di ozono; durante i periodi di siccità la riduzione delle precipitazioni non permette il washout del PM 2.5 sospeso e i cambiamenti climatici favoriscono il ristagno dell’aria causando l’accumulo di ozono e altri inquinanti.

Una review sistematica ha riportato un aumento del rischio di polmonite pari all’1.7% per ogni aumento della concentrazione di ozono di 10 mcg/m3 e dell’1.8% per ogni aumento della concentrazione di PM 2.5 di 10 mcg/m3 (14). Anche in uno studio condotto negli USA su 112.567 bambini di età inferiore a 2 anni e su 17.828 bambini tra i 3 e i 17 anni è stato osservato un aumento del 15% del rischio di infezioni delle basse vie aeree nei bambini sotto i 2 anni e del 32% nei bambini tra 3 e 17 anni per ogni incremento addizionale di 10 mcg/m3 nella concentrazione di PM 2.5 (15).

Sebbene sia evidente una correlazione tra tali inquinanti e un aumentato rischio di asma, ad oggi sono necessari ulteriori studi per determinare l’esatto impatto dei singoli allergeni e inquinanti sulle principali patologie respiratorie.

Salute respiratoria dei bambini e disuguaglianze socio-economiche

La gravità degli outcome sulla salute dei bambini è influenzata da vari fattori, come lo stato socio-economico, l’accesso all’assistenza sanitaria e la qualità delle infrastrutture. È emerso che nazioni a reddito medio-basso e basso, dove vivono bambini senza accesso all’assistenza sanitaria, a infrastrutture adeguate e a una rete alimentare idonea, sono state meno studiate e conseguentemente i dati su queste popolazioni sono numericamente inferiori. Questo limita l’applicabilità dei risultati anche a questi individui. Le disuguaglianze sanitarie peggioreranno anche con l’avanzare del cambiamento climatico, a meno che non aumenti la responsabilità globale per la mitigazione del clima nei prossimi dieci anni.

I costi sanitari e sociali del cambiamento climatico in pediatria

Le malattie esacerbate dal cambiamento climatico (come il parto pretermine e l’asma) possono generare costi finanziari sempre più elevati. Sempre rimanendo in tema di impatto sull’economia globale, è stato stimato un costo fino a 1.5 miliardi di dollari per il trattamento dell’asma correlata ai numerosi incendi boschivi che mediamente si verificano ogni anno negli Stati Uniti (16). Mentre un altro studio ha analizzato i costi negli USA di un singolo episodio di asma infantile (17), costi che raggiungono i 23.573 dollari americani. Da queste analisi emerge che poiché il cambiamento climatico influenza le malattie infantili, i costi sociali e finanziari continueranno ad aumentare man mano che il cambiamento climatico peggiorerà, mettendo sotto crescente pressione le famiglie e i servizi sanitari.

Cosa possono fare le famiglie nella vita di tutti i giorni

Anche se il cambiamento climatico è un fenomeno globale, ci sono molti comportamenti quotidiani che possono ridurre l’esposizione dei bambini ai fattori ambientali più critici.

Nei giorni di caldo intenso

  • Far uscire i bambini nelle ore più fresche (mattina presto o tardo pomeriggio), evitando le ore centrali della giornata.
  • Favorire un’adeguata idratazione, vestiti leggeri e ambienti ombreggiati.
  • Usare ventilatori o condizionatori in modo corretto (senza flussi d’aria diretti sul bambino);
  • Aerare i locali nelle ore meno calde;
  • Prestare particolare attenzione ai bambini con asma o altre malattie respiratorie croniche, che possono peggiorare con il caldo estremo.

Nei giorni di freddo e umidità

  • Coprire bene naso e bocca con sciarpa o buff, in modo da ridurre l’impatto dell’aria fredda sulle vie aeree;
  • Evitare attività fisica intensa all’aperto nelle giornate molto fredde, soprattutto in presenza di vento forte;
  • Non surriscaldare gli ambienti interni e aerare regolarmente la casa per ridurre l’umidità e gli inquinanti indoor.

Quando l’aria è inquinata (smog, traffico, incendi)

  • Limitare il tempo trascorso all’aperto nelle zone ad alto traffico durante le ore di punta;
  • Preferire parchi e aree verdi lontane dalle strade principali, quando possibile;
  • Tenere le finestre chiuse nelle ore in cui l’inquinamento è maggiore, aerando la casa quando i livelli di smog sono più bassi (in genere mattina presto o sera, salvo allerte specifiche);
  • Evitare il fumo di sigaretta in casa e in auto: il fumo passivo resta uno dei principali nemici dei polmoni dei bambini.

Per i bambini con asma o altri problemi respiratori

  • Concordare con il pediatra o lo specialista un piano scritto su cosa fare in caso di peggioramento (cosa osservare, quali farmaci utilizzare, quando rivolgersi al medico o al Pronto Soccorso);
  • Prestare maggiore attenzione nei giorni di caldo o freddo estremi, con alta umidità o quando sono previste elevate concentrazioni di inquinanti e pollini;
  • Tenere sempre aggiornati i controlli periodici e riportare al medico eventuali cambiamenti nei sintomi (tosse notturna, respiro sibilante, fiato corto, difficoltà nel gioco).

Durante la gravidanza

  • Evitare, quando possibile, l’esposizione prolungata a caldo intenso e a ondate di calore, mantenendo gli ambienti freschi e ben ventilati.
  • Ridurre il tempo trascorso vicino a grandi arterie di traffico o in aree con noto inquinamento atmosferico elevato.
  • Segnalare al ginecologo e al medico curante eventuali sintomi respiratori o generali in corso di ondate di caldo o eventi climatici estremi.

In caso di dubbi o preoccupazioni, il riferimento rimane sempre il pediatra o il medico di fiducia, che può valutare la situazione specifica del bambino e della famiglia.

Cosa possono fare i pediatri e i professionisti sanitari

Il ruolo dei pediatri e degli altri professionisti della salute è centrale nel riconoscere e mitigare l’impatto del cambiamento climatico sulla salute respiratoria dei bambini.

Counseling alle famiglie

  • Informare in modo chiaro e non allarmistico sul legame tra clima, inquinamento e patologie respiratorie pediatriche.
  • Fornire indicazioni pratiche su gestione di caldo/freddo, smog, pollini, fumo di sigaretta e inquinanti indoor.
  • Personalizzare il counseling per i gruppi più vulnerabili (prematuri, bambini con BPD, fibrosi cistica, asma moderato-grave, cardiopatie, disabilità complesse).

Valutazione del rischio individuale

  • Integrare nella raccolta anamnestica informazioni su ambiente di vita (casa/scuola/lavoro dei genitori), esposizione a traffico, presenza di muffe e umidità, uso di biomasse per il riscaldamento.
  • Considerare l’impatto di ondate di caldo, freddo estremo, incendi, allerte smog e stagioni polliniche particolarmente intense nelle riacutizzazioni respiratorie.
  • Monitorare nel tempo i pazienti respiratori cronici in relazione ai pattern climatici e alle esposizioni ambientali.

Piani di gestione per i bambini con malattie respiratorie croniche

  • Predisporre piani scritti di azione per l’asma e per le altre patologie respiratorie croniche, con indicazioni specifiche per i periodi di rischio aumentato (ondate di calore, picchi di inquinamento, picchi pollinici).
  • Valutare la necessità di intensificare il follow-up o le misure preventive nei periodi dell’anno a maggior rischio, sulla base delle evidenze epidemiologiche locali e dei bollettini ambientali disponibili.

Sorveglianza, ricerca e advocacy

  • Partecipare a reti di sorveglianza per infezioni respiratorie, asma e patologie allergiche, contribuendo alla raccolta di dati utili a correlare esposizioni climatiche e outcome sanitari.
  • Collaborare con scuole, amministrazioni locali e associazioni per promuovere politiche che migliorino la qualità dell’aria, gli spazi verdi e la sicurezza degli ambienti frequentati dai bambini.
  • Sensibilizzare la comunità scientifica e i decisori politici sull’urgenza di integrare il cambiamento climatico nella programmazione sanitaria pediatrica.

Conclusioni e prospettive future

Le evidenze presenti in letteratura dimostrano che i bambini sono colpiti dal cambiamento climatico: l’aumento dei parti pretermine, delle malattie respiratorie, della mortalità e del numero di bambini ospedalizzati sono solo alcuni dei problemi di salute che le società dovranno affrontare man mano che il cambiamento climatico peggiorerà.

Per generare misure efficaci per contrastare i possibili effetti collaterali dell’esposizione al cambiamento climatico, è fondamentale innanzitutto conoscere i meccanismi che sottendono la patogenesi di tali disturbi indotti dal clima. Questo implica una maggiore attenzione alla raccolta e all’analisi dei dati in modo che possano essere ricavate proiezioni più accurate dei rischi sanitari climatici per la salute infantile.

Tabella soglie/standard di qualità dell’aria clinicamente rilevanti

È fondamentale consultare le WHO AQG 2021 e i limiti UE 2030 (Direttiva 2024/2881) per PM₂.₅, PM₁₀, NO₂ e O₃ (incluso target O₃ 8h 120 µg/m³ con ≤18 gg/anno, media triennale). 

FAQ per genitori

1) Il cambiamento climatico fa davvero male ai polmoni dei bambini?

Sì, il cambiamento climatico può influenzare la salute respiratoria dei bambini in diversi modi. Temperature molto alte o molto basse, insieme a inquinamento, fumo e pollini, aumentano il rischio di tosse, bronchiti, bronchioliti, crisi d’asma e ricoveri. I più piccoli sono più vulnerabili perché respirano più velocemente, hanno vie aeree più strette e passano più tempo all’aperto.

2) Il caldo forte può scatenare crisi d’asma nei bambini?

Il caldo intenso, soprattutto se associato ad aria secca o molto umida e a inquinamento, può favorire la broncocostrizione e peggiorare i sintomi nei bambini asmatici (respiro sibilante, tosse, fiato corto). Per questo è consigliabile evitare le ore più calde, far bere spesso il bambino e seguire il piano di terapia indicato dal pediatra o dallo specialista.

3) Lo smog in città può far ammalare un bambino sano?

Un’esposizione prolungata a inquinanti come polveri sottili (PM₂.₅) e ozono aumenta il rischio di infezioni delle vie respiratorie, tosse e irritazione bronchiale anche nei bambini senza patologie preesistenti. Nei bambini con asma o altre malattie respiratorie lo smog può scatenare crisi e riacutizzazioni. Limitare le attività all’aperto nei giorni di forte inquinamento è una misura utile.

4) Come posso proteggere mio figlio quando l’aria è “cattiva”?

Nei giorni con smog elevato o in presenza di fumo (ad esempio da incendi) è meglio ridurre il tempo trascorso vicino al traffico, preferire parchi lontani dalle strade principali, tenere le finestre chiuse nelle ore peggiori e aerare la casa quando la qualità dell’aria migliora. Evitare sempre il fumo di sigaretta in casa e in auto. In caso di sintomi respiratori (tosse persistente, respiro sibilante, difficoltà respiratoria) è importante contattare il pediatra.

5) Perché il mio bambino si ammala spesso di bronchiolite o bronchite in inverno?

Nei mesi freddi i virus respiratori circolano di più e si sta più spesso in luoghi chiusi e affollati (casa, scuola, mezzi pubblici). L’aria fredda e secca può irritare le vie aeree, soprattutto quelle dei bambini più piccoli, facilitando l’insorgenza di bronchiolite e bronchite. Alcune condizioni, come la prematurità o precedenti problemi polmonari, aumentano ulteriormente il rischio: in questi casi è importante seguire con attenzione le indicazioni del pediatra.

6) Sono incinta: caldo e inquinamento possono creare problemi al bambino?

Alcuni studi hanno mostrato che ondate di caldo intenso, grandi variazioni di temperatura, forti piogge e alti livelli di inquinanti possono aumentare il rischio di parto pretermine e di basso peso alla nascita. Per quanto possibile, è bene evitare l’esposizione prolungata a caldo estremo e smog, mantenere ambienti freschi e ventilati e confrontarsi con il ginecologo o il medico curante per qualsiasi dubbio.

FAQ per professionisti sanitari

1) In che modo il cambiamento climatico incide sulla salute respiratoria dei bambini?

I bambini sono più esposti a inquinanti e allergeni (respiro più vicino al suolo, frequenza respiratoria più alta, vie aeree più piccole) e quindi più vulnerabili a ostruzione delle vie aeree, distress respiratorio, esacerbazioni di asma, infezioni respiratorie acute e potenziali esiti a lungo termine sulla funzione polmonare.

2) Temperature più alte ridurranno le infezioni respiratorie pediatriche?

No. Nei climi temperati i virus respiratori restano stagionali (autunno-inverno). Prima dell’epidemia di SARS-CoV-2 e della profilassi con Nirsevimab, i ricoveri per RSV sono rimasti stabili nonostante il riscaldamento globale, suggerendo che l’aumento delle temperature non comporta necessariamente una riduzione delle infezioni virali respiratorie.

3) Qual è l’effetto degli estremi termici sulle riacutizzazioni asmatiche?

L’esposizione a caldo o freddo estremi è associata a un aumento del rischio di esacerbazione asmatica (RR ~1.07 con caldo; 1.20 con freddo). Le temperature estreme possono agire attraverso broncocostrizione diretta, modifiche della qualità dell’aria, aumento di inquinanti e variazioni di umidità relativa.

4) Come si correlano ozono (O₃) e PM₂.₅ con polmonite e ALRI pediatriche?

Incrementi a breve termine di +10 µg/m³ sono associati a: polmonite +1.7% (O₃) e +1.8% (PM₂.₅); infezioni acute delle basse vie respiratorie (ALRI) +15% nei bambini <2 anni e +32% nei bambini 3–17 anni per PM₂.₅, secondo dati di coorte statunitensi.

5) I pollini possono influenzare i virus respiratori?

Sì: stagioni polliniche più lunghe e precoci, con concentrazioni polliniche più alte, si associano in analisi multicentriche a maggiori tassi di infezioni respiratorie virali (incluso SARS-CoV-2). Dati sperimentali suggeriscono un’attenuazione delle risposte antivirali epiteliali in presenza di alte concentrazioni di pollini; l’evidenza resta eterogenea e necessita di ulteriori conferme.

6) Esiste un legame tra fattori meteo e Mycoplasma pneumoniae?

In Giappone è stato riportato un aumento di circa +16.9%/settimana dei casi per ogni +1 °C e +4.1% per +1% di umidità relativa; tale associazione non è stata replicata in uno studio europeo (2011–2016), indicando possibili differenze regionali e la necessità di ulteriori indagini.

7) Quali implicazioni emergono per la fibrosi cistica (FC)?

Diversi studi indicano un’associazione fra temperatura media annua e colonizzazione da Pseudomonas aeruginosa, oltre a variazioni di funzione polmonare, suggerendo possibili vie di impatto climatico sulla morbilità in FC. L’incremento di temperature e l’alterazione dei pattern meteorologici possono influenzare composizione microbica, esposizioni ambientali e rischio di riacutizzazioni.

8) Quali soglie e standard di qualità dell’aria sono clinicamente rilevanti?

È fondamentale riferirsi alle linee guida OMS sulla qualità dell’aria (WHO AQG 2021) e ai limiti UE al 2030 (Direttiva 2024/2881) per PM₂.₅, PM₁₀, NO₂ e O₃ (incluso target O₃ 8h 120 µg/m³ con ≤18 giorni/anno, media triennale). Tali soglie rappresentano riferimenti operativi per valutare esposizioni a rischio e per l’advocacy in sanità pubblica.

9) Quali sono le principali implicazioni di sanità pubblica?

I cambiamenti climatici possono modificare distribuzione geografica, pattern di trasmissione e stagionalità dei patogeni, con rischio di nuove infezioni emergenti e pandemie più frequenti o severe. È fondamentale rafforzare la sorveglianza epidemiologica, integrare indicatori ambientali nei sistemi informativi sanitari e sviluppare politiche di prevenzione proattiva mirate all’infanzia.

 REFERENCES

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